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Tina

Quanto di più diverso dai pistolotti dei biografi ufficiali e dalle descrizioni enfatiche alla Saverio Tutino.  Ci aggiungerei come sottotitolo: “la donna che visse due volte”.  Una prima vita come meravigliosa avventuriera, donna libera e piena di personalità, dea dell’immagine. Una seconda vita come fantasma al seguito di quella merda di Vidali, muta e succube di fronte alle peggiori infamità dello stalinismo.

Il libro: Pino Cacucci, Tina, Feltrinelli, 2005, 240 p.

Valerio Verbano. Ucciso da chi, come e perchè.

Un viaggio nell’arcipelago neofascista romano degli anni ’70 in compagnia di una guida competente, capace di districarsi in un guazzabuglio di sigle, personaggi, codici di linguaggio, dinamiche, posizioni, sfumature, e di redercele in maniera comprensibile.
Con la profondità di un libro di storia e il ritmo di un romanzo, Lazzaretti delinea il contesto in cui si svolge l’omicidio di Valerio.
Sulla base dell’analisi dei documenti rivendicativi avanza un’ipotesi sugli esecutori, collocando l’azione nell’ambito della battaglia politica interna alla destra in armi fra chi rivolgeva le sue velleità rivoluzionarie contro lo Stato (poliziotti , giudici), e chi rimaneva appiattito sui bersagli tradizionali (i compagni).
Questo di Lazzaretti è un lavoro rigoroso, dove ogni affermazione rimanda ad una fonte, quasi scevro da giudizi di merito perché molto legato ai fatti e concentrato nello sforzo di capire.

Davanti a questa panoramica su un ambientino che va dal Fuan/Nar a Terza Posizione passando per i vecchi ordinovisti e il “fronte carceri” , la sensazione finale è nauseante.
Alcuni aspetti (forse secondari) mi hanno colpito più di altri.
Intanto la pratica dell’ambiguità elevata al rango di comportamento rivoluzionario: già dai Fogli d’ordine (i vademecum per giovani camerati) si consiglia, in caso di arresto, di sparare cazzate, costruire confessioni di comodo finte ma verosimili…
L’ambiguità continua con la tattica del “mimetismo” : accollare le proprie azioni a sigle di sinistra (e qui Piazza Fontana ha fatto scuola), per creare polveroni, direzionare la repressione altrove. Insomma …questa è gente col depistaggio insito nel DNA, che si atteggia da eroe e poi non ha nemmeno i coglioni per rivendicare quello che fa.
Gente dalle logiche contorte, che – per esempio – decide di “proporre una tregua al movimento” assaltando un gruppo di donne inermi a colpi di mitra e bombe a mano … e che poi si stupisce pure se il movimento invece di accettare la tregua si incazza come una bestia.
Gente che redige riviste “teoriche” che danno spazio ad Angelo Izzo (e perché non anche a Pietro Pacciani e Hannibal Lecter ?)
Gente che “fa la rivoluzione contro il Sistema” sotto la protezione di papà Alibrandi (sodale di Andreotti) che gli aggiusta i processi.
Gente che non ha alcun intervento sociale, la cui attività prevalente è quella di colpire i compagni.
E’ disarmante la loro pochezza ideologica, l’ immaginario mitico da fumetto della Marvel, l’inconsistenza del progetto politico (se escludiamo chi si è candidato coscientemente a manovale della strategia della tensione).

Altro aspetto disarmante è l’atteggiamento del PCI: sotto i colpi dei neofascisti cadono , inermi, anche suoi militanti. Un’ assemblea elettorale dentro una sede viene attaccata dai Nar a colpi di bombe a mano. Possibile che il PCI non abbia mai reagito ? Che abbia delegato bovinamente la difesa della sua gente allo Stato, cioè a quella stessa polizia che copriva i neofascisti, a quegli stessi giudici che li assolvevano ? Il PCI che era così solerte a schierare i servizi d’ordine contro gli autonomi, a investigare sulla presenza in fabbrica delle BR … eppure contro questi che gli sparavano addosso …. niente ??? Che fosse un’estensione, a 30 anni di distanza, del “lodo Togliatti” ? Mah?

Queste note sono solo alcune impressioni a pelle. Il libro è molto più ricco e anche utile per il presente, un po’ per ricordarci l’humus di provenienza di alcuni soggetti seduti sugli scranni parlamentari (o davanti a qualche scrivania dell’Atac), un po’ per rendere intelleggibili posizioni che ancora circolano.

Il libro: Valerio Lazzaretti, Valerio Verbano. Ucciso da chi, come e perchè, Odradek, 2011, 464 p.

Valerio Verbano. Una ferita ancora aperta.

Bel libro, che non tratta solo della “passione e morte” di Valerio, ma soprattutto della sua vita. E’ la biografia di un compagno attraverso la memoria di chi lo ha conosciuto, di chi ha condiviso con lui le esperienze di lotta, che rende a Valerio una statura umana e politica di tutto rispetto. Rende anche a noi l’atmosfera di quegli anni, la dimensione totale della militanza, l’ampiezza dell’esperienza collettiva, il radicamento nel territorio.
L’ultima parte – molto dettagliata – è dedicata alle “indagini” (chiamiamole così) seguite all’ esecuzione di Verbano: il suo dossier sui neofascisti sparito, i corpi di reato distrutti, gli interrogatori a cazzo di cane, gli approfondimenti mai fatti, fino all’archiviazione del caso.
Eppure, se proseguiamo con la lettura della controinchiesta di Lazzaretti (“Valerio Verbano, ucciso da chi, come e perché”), scopriamo che qualche ragionamento in più sui suoi assassini si poteva fare.

Il libro: Marco Capoccetti Boccia, Valerio Verbano. Una ferita ancora aperta, Castelvecchi, 2011, 272 p.

Sia folgorante la fine

Un libro durissimo, anche se scritto in maniera lieve, che ripercorre in ogni dettaglio l’esecuzione di Valerio e la conseguente devastazione della vita dei suoi genitori. Una vita normale che si trasforma in un incubo: vedere la persona che hai più cara ammazzata come un cane, e poi, a seguire, la polizia che spara sul funerale, i testimoni che “spontaneamente” cambiano versione, le minacce telefoniche, l’isolamento.
Carla Verbano, cercando gli assassini, delinea l’identikit di quello che ne fu il fiancheggiatore. Lo Stato, che sequestra e fa sparire la controinchiesta di Valerio, che “perde” o distrugge le prove e i corpi di reato, che organizza i depistaggi.
Lo Stato che non è capace di inquisire i NAR, ma è capacissimo a coprirli, fino a che non arriva il momento, dopo la strage di Bologna, di disfarsi dei suoi servi sciocchi.
Quanto alla lettura del periodo, non ci si deve aspettare da questo libro una lettura politica.
Gli anni ’70 non devono essere stati per Carla altro che il preludio all’episodio che le ha distrutto la vita, non c’è da stupirsi se guardandosi intorno si accorge solo del sangue versato. Il movimento le appariva impegnato in una sorta di guerra dei bottoni cruenta e sanguinaria, dove giovani di destra e di sinistra si accoppavano non si capiva ben perchè. Nessun accenno a un grande sogno collettivo, lo stesso sogno di Valerio, descritto come un ragazzino che “faceva l’autonomo”. Eppure ho l’impressione che anche i ragazzini in quel periodo sapessero assumersi coscientemente responsabilità e rischi in nome di quel sogno, e negarlo significa non riconoscerne la dignità politica.

Il libro: Alessandro Capponi, Carla Verbano, Sia folgorante la fine, Rizzoli, 2010, 201 p.

Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont.

PERSONAGGI E INTERPRETI:

GIUSEPPE VOLPI
1905 Fonda la SADE, 1922 Si iscrive al PNF, 1925 Diventa governatore della Tripolitania (gli danno il titolo di “Conte di Misurata”), 1925/28 Ministro delle Finanze di Mussolini, 1933 Il fascismo gli regala il “testo unico sulle acque e sugli impianti elettrici”, ovvero un mucchio di soldi pubblici per le sue imprese
1943 (8 settembre) L’ingrato scappa in Svizzera e si rifà una verginità “antifascista”. Nel frattempo a Roma i suoi scherani impongono, in un ministero dei LLPP deserto per la fuga di re e ministri, una riunione farlocca che autorizza la SADE a costruire la diga del Vajont
Oggi il nome di Giuseppe Volpi intitola le vie in varie città italiane

LUIGI EINAUDI
1948 Accorda alla SADE la concessione definitiva per la costruzione della diga.

VITTORIO CINI
Padrone ferrarese, fervente fascista nel ventennio, fervente voltagabbana l’8/09/43. Si ritrova con Volpi in Svizzera. Dal ’57 è presidente della SADE.

CARLO SEMENZA
Direttore del Servizio Costruzioni Idrauliche della SADE e progettista della Diga. Conduce il progetto dagli esordi, incurante degli allarmi. Sotto la sua direzione si ricordano espropri di terre , intimidazioni agli abitanti.

GIORGIO DAL PIAZ
Geologo e “illustre cattedratico”. Produce una perizia dove dice che tutto va bene. Dall’alto del suo prestigio si prodiga a irridere e svilire ogni prova contraria. Gli sono tuttora dedicati istituti scolastici e un premio della Società Geologica Italiana.

PIETRO FROSINI
Presidente della Commissione di Collaudo del Ministero dei LLPP.
Nel 1959 si occupa della perizia sulla diga, ma invece di svolgerla sul monte TOC, la svolge a Cortina e Venezia fra pranzi e festini offerti dalla SADE.

BENIGNO ZACCAGNINI
Ministro dei LLPP (DC) nel 1960 . Ipse dixit: “Mi pare che quel terreno stia fermo, e possa dar luogo solo a frane superficiali di materiale di riporto”

FRANCESCO PENTA
Componente della Commissione di Collaudo del Ministero dei LLPP. Anche dopo la grande frana del ’62, continua a ripetere che si tratta solo di 10 – 20 m di materiale franabile superficiale. Alla vigilia del disastro viene chiamato per un sopralluogo urgente. Si da malato.

AUGUSTO GHETTI
Titolare dell’Istituto di Idraulica dell’Università di Padova. Conduce una ricerca pagata dalla SADE (una simulazione in laboratorio) , e conclude che l’invaso si può riempire “in sicurezza” fino a 700 m.
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LA TRAMA

9 ottobre 1963. Alle 22.39 dalle pendici del monte Toc una massa di oltre 270 milioni di metri cubi di rocce e detriti precipita nel bacino artificiale. La forza d’urto della massa franata crea due ondate. La prima, a monte, spazza via le frazioni di Frasègn, Le Spesse, Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana e San Martino.
La seconda ondata (50 milioni di metri cubi) scavalca la diga precipitando a piombo nella vallata sottostante.
Allo sbocco della valle l’onda, alta 70 metri, cancella il paese di Longarone e i suoi abitanti.

Il libro: Tina Merlin, Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont, Cierre Edizioni 2001, 192 p.

Cristiani di Allah

1541, la prima grande battaglia di Algeri.

L’immensa flotta di Carlo V viene  sconfitta dalla sapienza semplice e antica di un pastorello sardo.
Algeri è un vaso di coccio fra vasi di ferro, terra libera fra due imperi. E’ un’anomalia, indipendenza  in equilibrio precario.
Algeri è rifugio di rinnegati in fuga dal mondo cristiano,  dai roghi dell’Inquisizione, dal giogo feudale . Si fugge,  per fame, per un omicidio o per uno sgarro ad un signore, per  migliaia di storie diverse che diventano frammenti di un fenomeno di massa.

Algeri è libertà,  è quella mobilità sociale  negata  in occidente dalla tripartizione in ordini voluta dal Dio cristiano.  Un mondo dove “il destino non viene deciso dalla nascita, ma dalla fortuna, dal coraggio e dal valore”. E’ una varietà meravigliosa di mille provenienze che parlano sabir, l’esperanto dei porti. E’ l’unico posto dove due uomini del ’500 possano amarsi senza finire impalati.

Il libro: Massimo Carlotto, Cristiani di Allah, E/O , 2008,  194 p.

Sullo stesso tema consiglio il racconto di Carlotto  “Il mare chiuso”  e il saggio di Beoni Brocchieri “In senso inverso. Il sogno turco dei rinnegati”.

Perchè non possiamo essere cristiani

I supporters dello scontro di civiltà ci dicono che il Corano è un libro violento e guerrafondaio. Cazzarola, avete mai letto la Bibbia ??!!! Odifreddi ce ne offre alcuni “brani scelti” in materia di istigazione al genocidio (e poi capisci perchè gli Israeliani son messi come son messi). Libro indispensabile per smontare 2000 anni di panzane, una boccata d’aria fresca per chi soffoca sotto la cappa clericale.

Il libro: Piergiorgio Odifreddi, Perchè non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), Longanesi, 2007, 254 p.

Antologia di Spoon River

“JOHN M. CHURCH

Io ero il legale delle ferrovie “Q”
e della Indemnity Company che assicurava
i proprietari della miniera.
Ho influenzato giudici e giurie,
e le alte corti, per sconfiggere le rivendicazioni
degli infortunati, delle vedove e degli orfani,
e così mi sono fatto una fortuna.
L’associazione degli avvocati cantò le mie lodi
in un’altisonante delibera.
E numerose furono le corone funebri –
Ma i topi hanno divorato il mio cuore
e un serpente ha fatto il nido
dentro il mio cranio! ”

Dedicato a diversa gente che so io (e che i topi gli divorino il cuore).

Il libro: Edgar Lee Master, Antologia di Spoon River, Demetra, 2001, 187 p.  Si scarica a gratis da altrestorie.

Le balene lo sanno

Quando Cacucci sta per finire i soldi si spara un viaggetto in uno dei posti più belli del Messico e ci scrive su un libro, che così i polli come me lo comprano tanto per farsi rodere il culo (grrrrr, invidia, invidia).

Il libro: Pino Cacucci, Alberto Poli (fotografo), Le balene lo sanno, Feltrinelli, 2009, 142 p.