Archivi categoria: Ambiente

Nikolaj Vavilov: eroe della Scienza, poeta della Natura

di Sandro Moiso (*)

vavilovNikolaj Vavilov, L’origine delle piante coltivate. I centri di diffusione delle diversità agricole, Pentàgora, Savona 2016 (II edizione), pp. 232.

Andremo al rogo, bruceremo, ma non rinnegheremo mai le nostre opinioni!” (Nikolaj Vavilov)

Nikolaj Ivanovič Vavilov, nato a Mosca nel 1887, fu un agronomo, botanico e genetista russo.
La ripubblicazione della sua opera più famosa, pubblicata per la prima volta nel 1926 nell’URSS e giunta oggi alla sua seconda edizione italiana per i tipi di Pentàgora, permette però di ricordarlo proprio in occasione di quella rivoluzione d’Ottobre, di cui si celebra quest’anno il centenario, della quale egli fu contemporaneamente eroe e successiva vittima della sua degenerazione staliniana.

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Annunciando la fine del dominio

no-tavDa sempre il potere ha un’avversione istintiva contro chi ha occhi per vedere il futuro e parole per raccontarlo.

Da sempre, per questo, detesta i poeti. Così come li odiavano i carcerieri di Nazım Hikmet, cantore di alberi, di amori e di rivolte. Come li odiava Rodolfo Graziani, viceré d’Etiopia, colui che ordinò di uccidere tutti i cantastorie di Addis Abeba, colpevoli di annunciare la fine del dominio italiano. Continua la lettura di Annunciando la fine del dominio

Cent’anni di veleno. Il caso Acna l’ultima guerra civile italiana

Acna cent'anni di velenoPrima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci!

“Hai mai visto Bormida? Ha l’acqua color del sangue raggrumato, perché porta via i rifiuti delle fabbriche di Cengio e sulle sue rive non cresce più un filo d’erba. Un’acqua più porca e avvelenata, che ti mette freddo nel midollo, specie a vederla di notte sotto la luna.” (Beppe Fenoglio, Un giorno di fuoco, Einaudi) Continua la lettura di Cent’anni di veleno. Il caso Acna l’ultima guerra civile italiana

Veleno

VelenoCi sono cose che le statistiche non riescono a spiegare.

Le statistiche dicono che a Taranto una coppia su quattro è sterile, e il 26% delle donne è in menopausa precoce.

Le statistiche dicono che le donne di Taranto subiscono un eccesso di  morbilità per tumore al fegato, al sistema linfatico, alla mammella, al colon e allo stomaco.

Le statistiche dicono che gli uomini di Taranto subiscono un eccesso di  morbilità per tumore alla vescica, alla testa, al collo, al fegato al sistema linfatico.

Le statistiche dicono  che a Taranto i tassi di mortalità sono molto superiori alla media regionale. Continua la lettura di Veleno

L’incubo di Darwin

L’inizio del DVD è quasi rassicurante: un uomo magro trascina su un carretto un pesce enorme, e tu pensi: “Beh, almeno oggi mangerà”. Non è così. L’immagine è il prologo di un incubo che per te dura il tempo di un documentario, per gli abitanti delle sponde del Lago Vittoria dura tutta la vita.
Quando finisce (per te, non per loro), e ingoi le lacrime di rabbia, non sai chi odiare di più: i trafficanti d’armi, i governanti locali, i commissari dell’UE, i preti che sconsigliano il preservativo davanti al dilagare dell’Aids, gli stupratori/assassini, il persico del Nilo e lo stronzo che ha “sperimentato” la sua introduzione nel Lago Vittoria, e tutti quelli che si arricchiscono esportando tonnellate di pesce da un paese che crepa di fame, riempendo le pance vuote degli aerei appena sgravate dai carichi di armi.
Ti rimane addosso un senso di morte: la morte di un ecosistema, la morte per fame, malattia, violenza, sfruttamento … capitalismo insomma. Ti rimangono addosso gli occhi di chi muore, bambini che si pestano per contendersi una buatta di riso, ragazze massacrate dai clienti, e quel guardiano che spera in una guerra “che almeno ti danno una buona paga, anche se rischi di morire, ma tanto qui si si muore lo stesso”.

Nel libro che accompagno il DVD, il regista Hubert Sauper descrive così la genesi di un documentario girato pericolosamente: “In “L’incubo di Darwin” ho cercato di trasformare la bizzarra storia del trionfo di una specie ittica e dell’effimero boom generato da questo pesce in una allegoria ironica e terrificante di quello che viene chiamato il Nuovo Ordine Mondiale. Avrei potuto fare lo stesso tipo di operazione in Sierra Leone, solo che lì al posto del pesce ci sarebbe stato un diamante, in Honduras una banana mentre in Libia, Nigeria e Angola ci sarebbe stato il petrolio”.
Interessante il saggio “Un microcosmo in bilico” di Goldschmidt Tijs, che entra nel dettaglio della catastrofe ambientale causata dall’introduzione del Persico del Nilo per lo sviluppo della pesca industriale nel lago Vittoria.

Il libro + DVD: Goldschmidt Tijs, Hubert Sauper , L’incubo di Darwin, Feltrinelli, 2006, 49 p.

Le vie infinite dei rifiuti

Inchiesta sullo smaltimento illegale dei rifiuti tossici in Campania: come fecero camorristi, politici e industriali a trasformare una terra fertile e bella in una seconda Seveso. Per chi fosse interessato anche agli effetti finali, consiglio il doc “Trattamento dei rifiuti in Campania: effetti sulla salute umana“.

Il libro: Alessandro Iacuelli, Le vie infinite dei rifiuti, Lulu.com, 2007, 240 p. Si può leggere su books.google.it.

Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont.

PERSONAGGI E INTERPRETI:

GIUSEPPE VOLPI
1905 Fonda la SADE, 1922 Si iscrive al PNF, 1925 Diventa governatore della Tripolitania (gli danno il titolo di “Conte di Misurata”), 1925/28 Ministro delle Finanze di Mussolini, 1933 Il fascismo gli regala il “testo unico sulle acque e sugli impianti elettrici”, ovvero un mucchio di soldi pubblici per le sue imprese
1943 (8 settembre) L’ingrato scappa in Svizzera e si rifà una verginità “antifascista”. Nel frattempo a Roma i suoi scherani impongono, in un ministero dei LLPP deserto per la fuga di re e ministri, una riunione farlocca che autorizza la SADE a costruire la diga del Vajont
Oggi il nome di Giuseppe Volpi intitola le vie in varie città italiane

LUIGI EINAUDI
1948 Accorda alla SADE la concessione definitiva per la costruzione della diga.

VITTORIO CINI
Padrone ferrarese, fervente fascista nel ventennio, fervente voltagabbana l’8/09/43. Si ritrova con Volpi in Svizzera. Dal ’57 è presidente della SADE.

CARLO SEMENZA
Direttore del Servizio Costruzioni Idrauliche della SADE e progettista della Diga. Conduce il progetto dagli esordi, incurante degli allarmi. Sotto la sua direzione si ricordano espropri di terre , intimidazioni agli abitanti.

GIORGIO DAL PIAZ
Geologo e “illustre cattedratico”. Produce una perizia dove dice che tutto va bene. Dall’alto del suo prestigio si prodiga a irridere e svilire ogni prova contraria. Gli sono tuttora dedicati istituti scolastici e un premio della Società Geologica Italiana.

PIETRO FROSINI
Presidente della Commissione di Collaudo del Ministero dei LLPP.
Nel 1959 si occupa della perizia sulla diga, ma invece di svolgerla sul monte TOC, la svolge a Cortina e Venezia fra pranzi e festini offerti dalla SADE.

BENIGNO ZACCAGNINI
Ministro dei LLPP (DC) nel 1960 . Ipse dixit: “Mi pare che quel terreno stia fermo, e possa dar luogo solo a frane superficiali di materiale di riporto”

FRANCESCO PENTA
Componente della Commissione di Collaudo del Ministero dei LLPP. Anche dopo la grande frana del ’62, continua a ripetere che si tratta solo di 10 – 20 m di materiale franabile superficiale. Alla vigilia del disastro viene chiamato per un sopralluogo urgente. Si da malato.

AUGUSTO GHETTI
Titolare dell’Istituto di Idraulica dell’Università di Padova. Conduce una ricerca pagata dalla SADE (una simulazione in laboratorio) , e conclude che l’invaso si può riempire “in sicurezza” fino a 700 m.
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LA TRAMA

9 ottobre 1963. Alle 22.39 dalle pendici del monte Toc una massa di oltre 270 milioni di metri cubi di rocce e detriti precipita nel bacino artificiale. La forza d’urto della massa franata crea due ondate. La prima, a monte, spazza via le frazioni di Frasègn, Le Spesse, Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana e San Martino.
La seconda ondata (50 milioni di metri cubi) scavalca la diga precipitando a piombo nella vallata sottostante.
Allo sbocco della valle l’onda, alta 70 metri, cancella il paese di Longarone e i suoi abitanti.

Il libro: Tina Merlin, Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont, Cierre Edizioni 2001, 192 p.