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Gaza. Restiamo umani

«Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola» mi dice Jamal, chirurgo dell’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue.
«Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l’ultimo miagolio soffocato». Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua. «Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell’opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste…». Jamal continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. «Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi l’ha schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quali sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati».
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La notte fra il 14 e il 15 aprile è stata uccisa una delle persone migliori di questo paese. Così lontano dalla miseria umana che ogni giorno viene espressa dalle nostre cronache. Così insolito – in un mondo di gente disposta a vendere il culo in cambio di un piatto di lenticchie – uno che rischia la libertà, l’incolumità, la pelle per non abdicare alla propria umanità.
Unico italiano sotto le bombe israeliane a Gaza, Vittorio ha redatto la cronaca del massacro denominato “Piombo fuso” dal 27/12/08 al 18/01/09. Leggere e diffondere il suo libro è anche un modo per continuare la sua opera, per rompere il muro della censura.

Bilancio dell’operazione Piombo Fuso:

1366 palestinesi uccisi (430 bambini, 111 donne, 6 giornalisti, 6 medici, 2 operatori Onu)
5360 feriti (1870 bambini, 800 donne)
16 strutture ospedaliere colpite (tra cui l’ospedale al-Quds distrutto)
3 scuole dell’Unrwa in macerie
18 scuole danneggiate
19 moschee
215 cliniche
28 ambulanze
20 mila edifici bombardati
distruzione totale dei campi coltivati e delle serre, degli alberi e delle industrie
5000 famiglie senza tetto
90 mila persone fuggite da casa
1 milione di kg di bombe (di cui il 5% ancora inesplose) lanciate dall’aviazione, dalla marina e dall’artiglieria israeliane.

Il libro: Vittorio Arrigoni, Gaza. Restiamo umani, Il Manifesto, 2009, 127 p. Si scarica da http://www.ilmanifesto.it/archivi/vittorio-arrigoni/restiamo-umani/

Il blog di Vittorio (che viene tuttora aggiornato): http://guerrillaradio.iobloggo.com/.

La strana vicenda del professor Bombrini

Marcello Bombrini, enfant prodige della ricerca odontoiatrica, ha commesso parecchi errori:
– ha scoperto un rimedio definitivo per debellare la carie dentaria;
– non ha considerato gli immensi interessi che tale scoperta mette in discussione;
– ha la presunzione ostinata di voler pubblicizzare e diffondere la sua grande invenzione.
Da qui l’origine di un crescendo allucinato che lo obbliga ad una profonda metamorfosi e ad un radicale cambiamento di vita e di visione del mondo.

Carino, soprattutto nella descrizione inziale del soggetto, che potrei applicare a un sacco di gente che conosco: “Marcello Bombrini apparteneva a quell’aleatoria schiera di giovani che, abbandonata in tempo l’illusione politica, si era proiettata convulsamente verso altri motivi d’affermazione. Volontà e passione ideologica si erano fortunosamente stemperate ad un passo dalla catastrofe; in seguito, non gli restò che impiegare le stesse doti per fini universalmente apprezzati. Coi primi reumi e l’incipiente stempiatura, finirono i tempi del ” meglio bruciarsi che spegnersi lentamente “. Da lì in avanti avrebbe accumulato scorte per restare acceso il più a lungo possibile.”

PS Dopo “Caccia al Cristo” è il secondo libro sulla fuga che mi sparo nello stesso giorno. Mi sento un po’ in ansia

Il libro: Pino Cacucci, La strana vicenda del professor Bombrini, Ruggiero, 98 p.

L’eleganza del riccio

Credo sia molto più facile incontrare una portinaia che declama Kant (data la poca spendibilità sul mercato delle lauree in storia e filosofia) che un riccone (giapponese e non) intento a sedurre una signora povera e bruttina ma tanto tanto intelligente.

Il libro: Muriel Barbery, L’eleganza del riccio, E/O, 2007.

Cristiani di Allah

1541, la prima grande battaglia di Algeri.

L’immensa flotta di Carlo V viene  sconfitta dalla sapienza semplice e antica di un pastorello sardo.
Algeri è un vaso di coccio fra vasi di ferro, terra libera fra due imperi. E’ un’anomalia, indipendenza  in equilibrio precario.
Algeri è rifugio di rinnegati in fuga dal mondo cristiano,  dai roghi dell’Inquisizione, dal giogo feudale . Si fugge,  per fame, per un omicidio o per uno sgarro ad un signore, per  migliaia di storie diverse che diventano frammenti di un fenomeno di massa.

Algeri è libertà,  è quella mobilità sociale  negata  in occidente dalla tripartizione in ordini voluta dal Dio cristiano.  Un mondo dove “il destino non viene deciso dalla nascita, ma dalla fortuna, dal coraggio e dal valore”. E’ una varietà meravigliosa di mille provenienze che parlano sabir, l’esperanto dei porti. E’ l’unico posto dove due uomini del ’500 possano amarsi senza finire impalati.

Il libro: Massimo Carlotto, Cristiani di Allah, E/O , 2008,  194 p.

Sullo stesso tema consiglio il racconto di Carlotto  “Il mare chiuso”  e il saggio di Beoni Brocchieri “In senso inverso. Il sogno turco dei rinnegati”.

Riportando tutto a casa

 

Per definire gli anni ’80 comunemente si dice che “dopo gli anni di piombo arrivarono gli anni di merda”.
Una volta disoccupate definitivamente le strade dai sogni, a tre adolescenti di Bari, come a decine di migliaia di loro coetanei in tutta Italia, viene lasciata aperta una sola strada per affermare la propria alterità: la devastazione dell’eroina.
Questa è la storia di una discesa all’inferno (il nostro) fra ricchi premi e cotillons.

Il libro: Nicola Lagioia, Riportando tutto a casa, Einaudi, 2009, 282 p.

Il colore dei fuochi fatui

QUESTO LIBRO E’ UNA VACCATA DISUMANA.

Premesso che:
– si salva all’inizio , dove si descrive il clima di movimento nell’esperienza diretta di una giovane militante
– si salva la parte sui fatti di marzo ’77 a Bologna, raccontata in presa diretta e con una forte carica emotiva

Gli aspetti positivi di sto libro affogano purtroppo in un mare di pagine dedicate a gente che fa sesso o ne parla. Per carità, buon per loro, ma la cosa dopo un po’ risulta alquanto noiosa (almeno per me). Continua la lettura di Il colore dei fuochi fatui

Come ho perso la guerra

 

Leggendo questo libro ho rivisto tante ghigne: quelli che seppellirono Rimini sotto colate di cemento; quelli che svendettero le Farmacie Comunali di Bologna ….
Chiunque li abbia visti all’opera nella sua città (amministratori passati allegramente da militanti del PCUS a sacerdoti del libero mercato, imprenditori dalle lunghe zanne e grandi appetiti …), in questo libro li riconoscerà esclamando: si ! Si ! Sono loro ! Sono proprio loro!
Romanzo attuale in tempi di privatizzazione dell’acqua.

Il libro: Filippo Bologna, Come ho perso la guerra, Fandango Libri.

Martin Kačur

Se lo Jernej era un atto di accusa ai poteri forti (la magistratura, l’imperatore, il clero) qui Cankar svela strumenti di oppressione più sottili e diffusi: l’ignoranza di un ceto di kulaki gretto e bovino, le dinamiche di potere dei notabili di villaggio, la prigione del matrimonio. La formula vincente è il conformismo al vento dominante. Ai margini operai e braccianti, quelli che ricercano la cultura, quelli che finiscono nei fossi con il cranio sfondato.

Il libro: Ivan Cankar, Martin Kačur. Biografia di un idealista, Mondadori, 1981.

Il servo Jernej e il suo diritto

L’etica, il diritto, la religione, si svelano come strumenti del potere. A quelli come Jernej, nel migliore dei casi, è riservata la pietà, in un sistema che per elargirti la sopravvivenza vuole in cambio non solo il lavoro, ma anche la sottomissione. Ad ogni tappa della sua via crucis Jernej scopre un aspetto del dominio e ne distrugge – dentro di se – il timore e il rispetto, fino alla coscienza di non avere più niente da perdere, ma solo una dignità da riconquistare.
Meglio di quella dei giudici, dell’imperatore e di Dio, è la giustizia del fuoco.

Il libro: Ivan Cankar, Il servo Jernej e il suo diritto, Feltrinelli, 1977.