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L’incubo di Darwin

L’inizio del DVD è quasi rassicurante: un uomo magro trascina su un carretto un pesce enorme, e tu pensi: “Beh, almeno oggi mangerà”. Non è così. L’immagine è il prologo di un incubo che per te dura il tempo di un documentario, per gli abitanti delle sponde del Lago Vittoria dura tutta la vita.
Quando finisce (per te, non per loro), e ingoi le lacrime di rabbia, non sai chi odiare di più: i trafficanti d’armi, i governanti locali, i commissari dell’UE, i preti che sconsigliano il preservativo davanti al dilagare dell’Aids, gli stupratori/assassini, il persico del Nilo e lo stronzo che ha “sperimentato” la sua introduzione nel Lago Vittoria, e tutti quelli che si arricchiscono esportando tonnellate di pesce da un paese che crepa di fame, riempendo le pance vuote degli aerei appena sgravate dai carichi di armi.
Ti rimane addosso un senso di morte: la morte di un ecosistema, la morte per fame, malattia, violenza, sfruttamento … capitalismo insomma. Ti rimangono addosso gli occhi di chi muore, bambini che si pestano per contendersi una buatta di riso, ragazze massacrate dai clienti, e quel guardiano che spera in una guerra “che almeno ti danno una buona paga, anche se rischi di morire, ma tanto qui si si muore lo stesso”.

Nel libro che accompagno il DVD, il regista Hubert Sauper descrive così la genesi di un documentario girato pericolosamente: “In “L’incubo di Darwin” ho cercato di trasformare la bizzarra storia del trionfo di una specie ittica e dell’effimero boom generato da questo pesce in una allegoria ironica e terrificante di quello che viene chiamato il Nuovo Ordine Mondiale. Avrei potuto fare lo stesso tipo di operazione in Sierra Leone, solo che lì al posto del pesce ci sarebbe stato un diamante, in Honduras una banana mentre in Libia, Nigeria e Angola ci sarebbe stato il petrolio”.
Interessante il saggio “Un microcosmo in bilico” di Goldschmidt Tijs, che entra nel dettaglio della catastrofe ambientale causata dall’introduzione del Persico del Nilo per lo sviluppo della pesca industriale nel lago Vittoria.

Il libro + DVD: Goldschmidt Tijs, Hubert Sauper , L’incubo di Darwin, Feltrinelli, 2006, 49 p.

Ancora un giorno

Carlotta sorride in copertina nel suo ultimo giorno di vita.
La guardo spesso e a lungo, così allegra, coraggiosa e bella, prima di essere uccisa nell’atto di proteggere il suo paese, la sua gente, gli stranieri che le erano stati affidati.
Da quel giorno, reso eterno da una foto, non ha più cantato, amato, combattuto.
Si è anche risparmiata parecchie cose: l’invasione sudafricana dell’Angola, il massacro di Cabinda e gli altri orrori perpetrati da Savimbi e da Holden Roberto, il volo degli avvoltoi della De Beers sui diamanti angolani.
Si è risparmiata più di 20 anni di guerriglia dell’UNITA, terminata soltanto quando il presidente Dos Santos decise di rivolgersi direttamente ai padroni dei suoi nemici (cedette agli USA, in cambio della pace, l’appoggio alle aggressioni dell’Iraq e dell’Afganistan).

Sotto gli occhi di Kapuscinski Luanda è una città che migra: alla vigilia della guerra civile i Portoghesi abbandonano il paese come i topi una nave che affonda.
Imbarcano sui cargo diretti in Europa o in Brasile interi pezzi della capitale, che si allontana oltremare lasciando dietro di se involucri vuoti.
Calvino l’avrebbe aggiunta a pieno titolo nel repertorio delle sue città invisibili.
Segue la quotidianità dell’assedio, prima annunciato – la paura crescente di qualcosa che ancora non si concretizza – e poi sempre più reale, l’abbandono, la sporcizia, la scomparsa del cibo e dell’acqua e di ogni tipo di attività utile all’uomo.
Fino a che anche il reporter polacco decide di cambiare aria, lasciandoci dentro uno scenario sospeso di devastazione e incertezza.

Il libro: Ryszard Kapuscinski, Ancora un giorno, Feltrinelli, 2008, 144 p.

La brava terrorista

La Lessing parla a vanvera di un mondo che non conosce. Dubito infatti che a 60 anni suonati la signora usasse frequentare ragazzine punk e case occupate.

Il libro l’ho trovato veramente fastidioso, caricaturale, mistificante, diffamatorio. Non vedo cosa c’entrino gli squatters con le bombe a Londra negli anni ’70-’80, che sono tutte ricollegabili al conflitto nord irlandese, e che anche a volerne parlare non meritano una trattazione così superficiale.

Un libro, dicevo …

Diffamatorio: perché accolla attentati dinamitardi a chi non ne ha mai fatti.

Mistificante: perché astrae completamente la questione delle bombe (un fatto maledettamente serio) dal suo contesto storico e politico.

Caricaturale: perché dipinge gli squatters come un branco di scoppiati, ragazzine fuori di testa dal conflitto generazionale irrisolto e psicopatici in genere. Intendiamoci: gli scoppiati esistono fra gli squatters, come all’interno di qualsiasi gruppo umano, ma qui è veramente troppo !!!

Tutta questa costruzione per finire a chiedersi: com’è che una ragazza  brava e altruista (la protagonista Alice)  decide di spargere bomba amminkia in giro per la città ? Rispondo: e io checcacchio ne so? La tipa, l’attentato e il contesto delirante te li sei inventati te di sana pianta, cara Doris ! Dammela te una risposta, se ne hai ! Capace che perdo tempo a psicanalizzare una tizia che non esiste ?

Se invece la domanda fosse : “com’è che tante persone  degne hanno scelto, nei loro vari contesti, di darsi alla lotta armata ?”, per chi vuol capire davvero  non mancano le biografie o saggistiche più serie.

Il libro: Doris Lessing, La brava terrorista, Feltrinelli, 1985, 350 p.

Garbatella Combat Zone

(ATTENZIONE: contiene anticipazione sul finale) .

Ma come ?!!! Un protagonista così cazzuto, capace di destreggiarsi fra coatti, caramba e narcos messicani, che alla fine si fa fregare come un pivello, con il classico “cherchez la femme” ???
Garbatella combat zone è un libro che induce riflessioni. Per quanto sia un personaggio improbabile, Valerio esprime una contraddizione comune a molti: l’incongruenza fra ciò che vorresti/dovresti essere – per utopia e per coerenza con la tua storia familiare e sociale – e ciò che alla fine le tue scelte ti portano a diventare
E’ la storia del tentativo costante di trovare una coerenza, una linearità, fra questi due livelli, fino a che non si arriva a un punto in cui è la contraddizione a scegliere per te.
Ti lascia addosso una costante sensazione di perdita: delle radici, delle persone, delle appartenenze. Accattivanti le ambientazioni.

Il libro: Massimiliano Smeriglio, Garbatella Combat Zone, Voland, 2010, 176 p.

La strana vicenda del professor Bombrini

Marcello Bombrini, enfant prodige della ricerca odontoiatrica, ha commesso parecchi errori:
– ha scoperto un rimedio definitivo per debellare la carie dentaria;
– non ha considerato gli immensi interessi che tale scoperta mette in discussione;
– ha la presunzione ostinata di voler pubblicizzare e diffondere la sua grande invenzione.
Da qui l’origine di un crescendo allucinato che lo obbliga ad una profonda metamorfosi e ad un radicale cambiamento di vita e di visione del mondo.

Carino, soprattutto nella descrizione inziale del soggetto, che potrei applicare a un sacco di gente che conosco: “Marcello Bombrini apparteneva a quell’aleatoria schiera di giovani che, abbandonata in tempo l’illusione politica, si era proiettata convulsamente verso altri motivi d’affermazione. Volontà e passione ideologica si erano fortunosamente stemperate ad un passo dalla catastrofe; in seguito, non gli restò che impiegare le stesse doti per fini universalmente apprezzati. Coi primi reumi e l’incipiente stempiatura, finirono i tempi del ” meglio bruciarsi che spegnersi lentamente “. Da lì in avanti avrebbe accumulato scorte per restare acceso il più a lungo possibile.”

PS Dopo “Caccia al Cristo” è il secondo libro sulla fuga che mi sparo nello stesso giorno. Mi sento un po’ in ansia

Il libro: Pino Cacucci, La strana vicenda del professor Bombrini, Ruggiero, 98 p.

L’insegnante di astinenza sessuale

Se a volte pensi che lo sviluppo culturale di una società segni dei punti fermi, assodati, indiscutibili … ebbene, se pensi questo, sappi che non esistono “punti di non ritorno”. Ogni conquista di civiltà può essere facilmente messa in discussione anche da una piccola minoranza aggressiva, se le è permesso di agire nel mare dell’indifferenza.
Il libro di Perrotta ci porta ad esempio l’offensiva dell’integralismo cristiano contro le minime conquiste di buon senso comune (e buone pratiche) raggiunte grazie ai movimenti di liberazione sessuale. E’ un testo scorrevole, a tratti divertente, ma non per questo superficiale nel descrivere l’estendersi dell’influenza puritana in una piccola comunità degli USA.
All’inizio il morbo si fa spazio in maniera suadente, ricercando persone derelitte a cui proporsi come via per la salvezza, facendo leva in maniera schifosa sui bisogni più profondi: il bisogno di sentirsi amati, il bisogno di colmare il proprio vuoto, di non rimanere soli a fronte di una malattia o dei problemi della vita.
Gioca con le umane debolezze, sostituendosi ad altre forme di dipendenza in un percorso di “rinascita” della persona che comporta l’annullamento della sua personalità precedente (quelli di Rimini che conoscono le comunità di Muccioli e di Don Benzi sanno di cosa parlo).
L’obiettivo è quello di creare persone vuote che possano essere riempite di Bibbia, di anelito al proselitismo e alle crociate contro il peccato, e che subito dopo la loro “rinascita” comincino a spaccare i coglioni al prossimo loro, ergendosi a censori, riducendo gli spazi di laicità, strillando più forte.
Intorno c’è chi li sottovaluta, chi non vuole scontrarsi per amor del quieto vivere, chi cambia aria. Ciò che all’inizio nasce come strippo di fanatici, nella comunità degli ignavi avanza alla conquista dell’egemonia culturale.
Chi sceglie di opporsi si ritrova solo, ma opporsi non è inutile, anche quando si perde, perché infonde coraggio agli indecisi, e dubbi a chi si è perduto in troppe certezze.

Vaticano S.p.A.

Un curioso personaggio questo Renato Dardozzi, che per 20 anni siede ai vertici della vigilanza vaticana sullo IOR, e per 20 anni archivia meticolosamente documenti scottanti, appunti, lettere, bilanci, per poi renderli pubblici solo post mortem. Giustamente…. così non lo possono più suicidare (visto i precedenti di Calvi, Sindona, Cagliari, Gardini …). Peccato che l’archivio Dardozzi giunga alla pubblica attenzione fuori tempo massimo, quando i principali protagonisti delle vicende descritte sono più o meno tutti defunti (o eventualmente prescritti).
Comunque, almeno dal punto di vista storico, aggiunge interessanti tasselli a questioni che è vero che sono già note, però fanno una certa impressione a ricordarsele tutte insieme.
E genera una sana rabbia ricordare che gli ingenti profitti dello IOR (frutto di riciclaggio degli utili della mafia, bancarotte fraudolente, maxitangenti e nefandezze varie) fornirono un fiume di soldi per le campagne contro il divorzio e l’aborto, il feroce anticomunismo di Wojtyla, la sua guerra alla Teologia della Liberazione, e, ancor oggi, l’attacco della chiesa sul terreno della bioetica.

Per chi vuole rinfrescarsi la memoria allego una cronologia degli eventi.

1968 Lo Stato italiano introduce la tassazione dei dividendi per la Santa Sede, abrogando l’esenzione fiscale voluta da Mussolini. Per sfuggire al fisco italiano, Paolo VI affida il trasferimento all’estero delle partecipazioni vaticane a Marcinkus e a Sindona. Tramite un gigantesco gioco dell tre carte i beni del Vaticano passano di mano in mano, fino all’approdo in Svizzera e Lussemburgo. Di contro, Sindona approfitta delle finanziarie compartecipate dallo IOR e dei conti vaticani presso la sua Banca Privata Italiana per riciclare i soldi delle famiglie mafiose di cui è a sua volta consulente finanziario e faccendiere.
1974 Falliscono le banche di Sindona. Marcinkus, per le sue operazioni off shore, ripiega sul Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.
1978 Assurge al soglio pontificio Albino Luciani. Giovanni Paolo I fa giusto in tempo ad enunciare il proposito di cacciare tutti i vertici dello IOR a calci nel culo, poco prima di morire di “morte naturale”.
Gli succede a stretto giro Karol Wojtyla, che riceve sull’unghia dal duo Calvi/Marcinkus 100 milioni di dollari da devolvere a Solidarnosc. I vertici dello IOR rimangono al loro posto.
1979 Sindona fa ammazzare Giorgio Ambrosoli, il commissario liquidatore della Banca Privata Italiana che ne stava analizzando le irregolarità.
1982 Calvi penzola sotto il ponte dei Frati Neri, il crack dell’Ambrosiano rovina decine di migliaia di famiglie. Il Vaticano prova a far finta di niente, anche se le sue responsabilità nel crollo sono enormi: si stima che le consociate estere dell’Ambrosiano vantino crediti per 1159 milioni di dollari verso le società estere dello IOR. Beniamino Andreatta (all’epoca ministro del tesoro), incazzato come una iena, pretende che lo IOR sani lo scoperto. Il Vaticano se la caverà un paio di anni dopo, sborsando 242 milioni di dollari sotto forma di “contributo volontario”, senza riconoscere alcuna responsabilità. Marcinkus non potrà essere inquisito per il crack, in quanto “gli Enti Centrali della Chiesa Cattolica sono esenti da ogni ingeranza da parte dello Stato italiano” (Patti Lateranensi, art. 11).
1986 Sindona beve un caffè di troppo.
1989 Marcinkus viene messo in pensione, gli succede il suo delfino Donato De Bonis.
1990 Wojtyla vara il nuovo statuto dello IOR, che permette anche ai laici di rientrare fra la clientela, purchè destinino parte dei loro fondi a opere di bene. E’ IL SALTO DI QUALITÀ: L’ITALIA DIVIENE L’UNICO PAESE CHE DISPONE DI UNA BANCA OFF SHORE NEL CENTRO DELLA CAPITALE. “Lo IOR non è sottoposto alle norme antiriciclaggio, non può essere perquisito, l suo personale non può essere intercettato o interrogato”. Questo sempre grazie ai Patti Lateranensi, art. 11.
Sotto la gestione De Bonis si moltiplicano i conti cifrati, intestati formalmente a Fondazioni benefiche inesistenti. Due sono di particolare interesse, e fanno capo ad Andreotti e ai Ferruzzi.
De Bonis si occupa personalmente di versare su questi conti fiumi di denaro contante e in titoli di stato che vengono subito dirottati su conti svizzeri.
Si tratta di una parte della maxitangente Enimont , la “Madre di tutte le tangenti”, in viaggio verso i mille rivoli della corrente andreottiana e dei conti del PSI.
1993 Tangentopoli rompe l’incanto.

Il libro di Nuzzi finisce qui, dopo un accenno alle cassette di sicurezza utilizzate per il denaro dei Corleonesi. Si potrebbe continuare con altre storie, tipo le mazzette di Fiorani per l’acquisto della Cassa Lombarda, o i fondi neri della Gea (la società del figlio di Moggi), fino all’inchiesta dei Grandi Appalti e il conto IOR di Angelo Balducci … ma tocca cominciare a scrivere un altro libro.

Il libro: Gianluigi Nuzzi, Vaticano S.p.A., Chiarelettere, 2009, 304 p.

Il vangelo secondo Gesù Cristo

Il progetto di un dio malato di mente avvolge i destini umani come una tela di ragno. Promette fiumi di lacrime e sangue per appagare un infinito egocentrismo (e son tutte promesse che mantiene).
Vano ribellarsi, perché anche la ribellione (e il Diavolo lo sa bene) trova – nel progetto – spazio, collocazione, ruolo.
Senza speranza questo Vangelo, e questo Gesù condannato ineluttabilmente all’altare del sacrificio. Gesù che ci prova sul serio a salvare il genere umano, e non dal peccato o dal diavolo, ma dal progetto di dio.
Gesù che – malgrado dio – riesce ad amare e vivere, nelle pieghe e nelle zone d’ombra del copione stabilito per lui.

P.S. Ho l’impressione che lo stesso Saramago si sia accorto dell’eccessivo determinismo della sua interpretazione, e abbia deciso, con “Caino”, di concedere qualche chanche al libero arbitrio, un granellino di sabbia che fa saltare tutto l’ingranaggio (ne adoro il cinico finale).

Il libro: Josè Saramago, Il vangelo secondo Gesù Cristo, Feltrinelli, 2010, p. 352.

Desideri/segnalazioni

Jacob Wassermann, Sturreganz, Fiorenzo Albani Editore, 2009, 120 p.

Un paese sommerso dai debiti… governanti inetti e corrotti… finte ballerine (ma vere concubine)…
un popolo intristito e depresso…  un comico in piazza a scuoterlo… ma che paese è?

Sturreganz, scritto da Wassermann in una Germania che diverrà presto nazionalsocialista,ed ambientato in una Baviera di fine ‘700 con sullo sfondo quella guerra imperiale che è la rivoluzione americana, è un gioco triste su uomini, governi e governanti che sembra qua e là parodiare l’Italia di oggi.

Alexandre Jacob,  I lavoratori della notte, Bepress, 2010, 160 p.

Passato alla storia come “il ladro gentiluomo” secondo lo scrittore francese Maurice Leblanc da cui creò il personaggio di Arsenio  Lupin, Alexandre Jacob convinto dell’ingiustizia del mondo, ancora giovanissimo fonda con alcuni suoi compagni il gruppo “Les travailleurs  de la nuit” (“I lavoratori della notte”). In soli tre anni,
dal 1900 al 1903 Jacob e la sua banda mettono a segno  oltre 150 furti. Furti leggendari, robinudiani “togliere ai ricchi per dare ai poveri”, che rendono giustizia sociale e dignità a tutti quelli che la società dell’opulenza  aveva negato. Arrestato con tutta la banda nel 1903,
Jacob trasformò la propria difesa in un comizio leggendario: “una parte del mondo vive nel freddo, nella fame, nel dolore. Io ho voluto vendicarla”.