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Vaticano S.p.A.

Un curioso personaggio questo Renato Dardozzi, che per 20 anni siede ai vertici della vigilanza vaticana sullo IOR, e per 20 anni archivia meticolosamente documenti scottanti, appunti, lettere, bilanci, per poi renderli pubblici solo post mortem. Giustamente…. così non lo possono più suicidare (visto i precedenti di Calvi, Sindona, Cagliari, Gardini …). Peccato che l’archivio Dardozzi giunga alla pubblica attenzione fuori tempo massimo, quando i principali protagonisti delle vicende descritte sono più o meno tutti defunti (o eventualmente prescritti).
Comunque, almeno dal punto di vista storico, aggiunge interessanti tasselli a questioni che è vero che sono già note, però fanno una certa impressione a ricordarsele tutte insieme.
E genera una sana rabbia ricordare che gli ingenti profitti dello IOR (frutto di riciclaggio degli utili della mafia, bancarotte fraudolente, maxitangenti e nefandezze varie) fornirono un fiume di soldi per le campagne contro il divorzio e l’aborto, il feroce anticomunismo di Wojtyla, la sua guerra alla Teologia della Liberazione, e, ancor oggi, l’attacco della chiesa sul terreno della bioetica.

Per chi vuole rinfrescarsi la memoria allego una cronologia degli eventi.

1968 Lo Stato italiano introduce la tassazione dei dividendi per la Santa Sede, abrogando l’esenzione fiscale voluta da Mussolini. Per sfuggire al fisco italiano, Paolo VI affida il trasferimento all’estero delle partecipazioni vaticane a Marcinkus e a Sindona. Tramite un gigantesco gioco dell tre carte i beni del Vaticano passano di mano in mano, fino all’approdo in Svizzera e Lussemburgo. Di contro, Sindona approfitta delle finanziarie compartecipate dallo IOR e dei conti vaticani presso la sua Banca Privata Italiana per riciclare i soldi delle famiglie mafiose di cui è a sua volta consulente finanziario e faccendiere.
1974 Falliscono le banche di Sindona. Marcinkus, per le sue operazioni off shore, ripiega sul Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.
1978 Assurge al soglio pontificio Albino Luciani. Giovanni Paolo I fa giusto in tempo ad enunciare il proposito di cacciare tutti i vertici dello IOR a calci nel culo, poco prima di morire di “morte naturale”.
Gli succede a stretto giro Karol Wojtyla, che riceve sull’unghia dal duo Calvi/Marcinkus 100 milioni di dollari da devolvere a Solidarnosc. I vertici dello IOR rimangono al loro posto.
1979 Sindona fa ammazzare Giorgio Ambrosoli, il commissario liquidatore della Banca Privata Italiana che ne stava analizzando le irregolarità.
1982 Calvi penzola sotto il ponte dei Frati Neri, il crack dell’Ambrosiano rovina decine di migliaia di famiglie. Il Vaticano prova a far finta di niente, anche se le sue responsabilità nel crollo sono enormi: si stima che le consociate estere dell’Ambrosiano vantino crediti per 1159 milioni di dollari verso le società estere dello IOR. Beniamino Andreatta (all’epoca ministro del tesoro), incazzato come una iena, pretende che lo IOR sani lo scoperto. Il Vaticano se la caverà un paio di anni dopo, sborsando 242 milioni di dollari sotto forma di “contributo volontario”, senza riconoscere alcuna responsabilità. Marcinkus non potrà essere inquisito per il crack, in quanto “gli Enti Centrali della Chiesa Cattolica sono esenti da ogni ingeranza da parte dello Stato italiano” (Patti Lateranensi, art. 11).
1986 Sindona beve un caffè di troppo.
1989 Marcinkus viene messo in pensione, gli succede il suo delfino Donato De Bonis.
1990 Wojtyla vara il nuovo statuto dello IOR, che permette anche ai laici di rientrare fra la clientela, purchè destinino parte dei loro fondi a opere di bene. E’ IL SALTO DI QUALITÀ: L’ITALIA DIVIENE L’UNICO PAESE CHE DISPONE DI UNA BANCA OFF SHORE NEL CENTRO DELLA CAPITALE. “Lo IOR non è sottoposto alle norme antiriciclaggio, non può essere perquisito, l suo personale non può essere intercettato o interrogato”. Questo sempre grazie ai Patti Lateranensi, art. 11.
Sotto la gestione De Bonis si moltiplicano i conti cifrati, intestati formalmente a Fondazioni benefiche inesistenti. Due sono di particolare interesse, e fanno capo ad Andreotti e ai Ferruzzi.
De Bonis si occupa personalmente di versare su questi conti fiumi di denaro contante e in titoli di stato che vengono subito dirottati su conti svizzeri.
Si tratta di una parte della maxitangente Enimont , la “Madre di tutte le tangenti”, in viaggio verso i mille rivoli della corrente andreottiana e dei conti del PSI.
1993 Tangentopoli rompe l’incanto.

Il libro di Nuzzi finisce qui, dopo un accenno alle cassette di sicurezza utilizzate per il denaro dei Corleonesi. Si potrebbe continuare con altre storie, tipo le mazzette di Fiorani per l’acquisto della Cassa Lombarda, o i fondi neri della Gea (la società del figlio di Moggi), fino all’inchiesta dei Grandi Appalti e il conto IOR di Angelo Balducci … ma tocca cominciare a scrivere un altro libro.

Il libro: Gianluigi Nuzzi, Vaticano S.p.A., Chiarelettere, 2009, 304 p.