Archivi categoria: Guerre

Desideri/segnalazioni

Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, Missione di inchiesta delle Nazioni Unite sul conflitto di Gaza (Rapporto Goldstone) , Zambon, 2011, 640 p.

 

Miriam Marino, Festa di rovine, Città del Sole Edizioni, 2012 .

Claudio Tamagnini, 100 giorni nella Palestina occupata. Raccolta dedicata a Mustafa Tamimi martire per la libertà, Gruppo Editoriale L’Espresso, 2012.

Forum Palestina,  Palestina: una terra cancellata dalle mappe. Dieci domande sul sionismo, Rinascita edizioni, 2010, 160 p.

 

Angela Lano,  Verso Gaza, Emi Edizioni, 2010, 175 p.

Miryam Marino, Diario di un viaggio in Palestina, 2010, 110 p.

 

Michele Trotter Pietro Luzzati,  L’occupazione. Vivere in Palestina,  Ombre Corte, 2007, 65 p.

 

 

Solera Gianluca,  Muri, lacrime e za’tar. Storie di vita e voci dalla terra di Palestina, Nuova Dimensione, 2007, 448 p.

 

Marcella Emiliani, La terra di chi? Geografia del conflitto arabo israeliano palestinese, Il ponte, 2007, 160 p.

Guido Valabrega, Lo Stato di Israele  (1972/1988), Piccin-Nuova Libreria, 1995.

Gianni Pinnizzotto (a cura di), Effetti collaterali, Edizione Graffiti ,  2009

Vauro,  Palestina su carta, il manifesto, 2003, 63 p.

Gaza. Restiamo umani

«Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola» mi dice Jamal, chirurgo dell’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue.
«Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l’ultimo miagolio soffocato». Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua. «Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell’opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste…». Jamal continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. «Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi l’ha schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quali sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati».
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La notte fra il 14 e il 15 aprile è stata uccisa una delle persone migliori di questo paese. Così lontano dalla miseria umana che ogni giorno viene espressa dalle nostre cronache. Così insolito – in un mondo di gente disposta a vendere il culo in cambio di un piatto di lenticchie – uno che rischia la libertà, l’incolumità, la pelle per non abdicare alla propria umanità.
Unico italiano sotto le bombe israeliane a Gaza, Vittorio ha redatto la cronaca del massacro denominato “Piombo fuso” dal 27/12/08 al 18/01/09. Leggere e diffondere il suo libro è anche un modo per continuare la sua opera, per rompere il muro della censura.

Bilancio dell’operazione Piombo Fuso:

1366 palestinesi uccisi (430 bambini, 111 donne, 6 giornalisti, 6 medici, 2 operatori Onu)
5360 feriti (1870 bambini, 800 donne)
16 strutture ospedaliere colpite (tra cui l’ospedale al-Quds distrutto)
3 scuole dell’Unrwa in macerie
18 scuole danneggiate
19 moschee
215 cliniche
28 ambulanze
20 mila edifici bombardati
distruzione totale dei campi coltivati e delle serre, degli alberi e delle industrie
5000 famiglie senza tetto
90 mila persone fuggite da casa
1 milione di kg di bombe (di cui il 5% ancora inesplose) lanciate dall’aviazione, dalla marina e dall’artiglieria israeliane.

Il libro: Vittorio Arrigoni, Gaza. Restiamo umani, Il Manifesto, 2009, 127 p. Si scarica da http://www.ilmanifesto.it/archivi/vittorio-arrigoni/restiamo-umani/

Il blog di Vittorio (che viene tuttora aggiornato): http://guerrillaradio.iobloggo.com/.

Ancora un giorno

Carlotta sorride in copertina nel suo ultimo giorno di vita.
La guardo spesso e a lungo, così allegra, coraggiosa e bella, prima di essere uccisa nell’atto di proteggere il suo paese, la sua gente, gli stranieri che le erano stati affidati.
Da quel giorno, reso eterno da una foto, non ha più cantato, amato, combattuto.
Si è anche risparmiata parecchie cose: l’invasione sudafricana dell’Angola, il massacro di Cabinda e gli altri orrori perpetrati da Savimbi e da Holden Roberto, il volo degli avvoltoi della De Beers sui diamanti angolani.
Si è risparmiata più di 20 anni di guerriglia dell’UNITA, terminata soltanto quando il presidente Dos Santos decise di rivolgersi direttamente ai padroni dei suoi nemici (cedette agli USA, in cambio della pace, l’appoggio alle aggressioni dell’Iraq e dell’Afganistan).

Sotto gli occhi di Kapuscinski Luanda è una città che migra: alla vigilia della guerra civile i Portoghesi abbandonano il paese come i topi una nave che affonda.
Imbarcano sui cargo diretti in Europa o in Brasile interi pezzi della capitale, che si allontana oltremare lasciando dietro di se involucri vuoti.
Calvino l’avrebbe aggiunta a pieno titolo nel repertorio delle sue città invisibili.
Segue la quotidianità dell’assedio, prima annunciato – la paura crescente di qualcosa che ancora non si concretizza – e poi sempre più reale, l’abbandono, la sporcizia, la scomparsa del cibo e dell’acqua e di ogni tipo di attività utile all’uomo.
Fino a che anche il reporter polacco decide di cambiare aria, lasciandoci dentro uno scenario sospeso di devastazione e incertezza.

Il libro: Ryszard Kapuscinski, Ancora un giorno, Feltrinelli, 2008, 144 p.