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Nahui

Stavo quasi per cestinarlo, confinandolo – assieme a “Viva la vida”- nella categoria “Libri pallosi su donne eccezionali”. Intanto non ho ben capito se è un libro su Nahui o sui suoi uomini . Vabbè che la ragazza aveva attorno maschietti puttosto ingombranti, ma da questa biografia ne esce una vita eccessivamente determinata dai rapporti con padre/marito/amanti. Non ne emerge più di tanto la statura artistica come poetessa, pittrice e compositrice, o l’impatto dell’immagine del suo corpo nudo contro le convenzioni sociali degli anni ’20.  Avrei evitato volentieri di conoscere tutti i dettagli delle prodezze erotiche del Dott. Atl e il fumettone da collezione Harmony col bel capitano. Mi sarebbe piaciuto, invece, respirare di più l’atmosfera di quel periodo e soprattutto la sua dimensione politica: dopo l’assassinio di  Zapata e Villa, con al governo chi – a suo tempo – li aveva combattuti, si viveva un clima contraddittorio che metteva insieme l’anticlericalismo viscerale e il riavvicinamento agli USA, il riconoscimento dei sindacati e una riforma agraria troppo timida per soddisfare la moltitudine dei senza terra. E c’erano quegli artisti che non passavano il tempo solo a scopare, ma fondavano partiti e sindacati, scrivevano su riviste militanti, marciavano nei cortei, denunciavano la rivoluzione incompiuta. E c’era ancora un sacco di gente che lottava perché quella rivoluzione voleva compierla.  Salvo questo libro per un paio di dettagli, per l’incontro muto fra Nahui e Tina, due vite diversissime di fronte allo stesso fallimento, e per quel senso di sgomento, di vuoto, di infinita tristezza che ho provato davanti ad un lenzuolo dipinto.

Il libro, Pino Cacucci, Nahui, Feltrinelli, 2005, 234 p.

Viva la vida

Povera Frida ….. massacrata da un tram, cornificata da Rivera, e (come se tutto ciò non bastasse) raccontata da Cacucci.

Cacucci schiaccia la dimensione pubblica, politica e artistica della protagonista, concentrandosi sugli aspetti più intimi o privati. Questa impostazione è già di per se riduttiva. Se poi anche gli aspetti privati vengono riportati in maniera tediosa (e perchè Diego di qui, e perchè Diego di là …. ma soccia sto Diego che du maron !) il risultato non può che essere modesto.

Il saggio che segue il monologo ne riprende pedissequamente i contenuti, e riesce a rendere ripetitivo anche un libricino smilzo.

Infine, ci sono delle belle frasi di Frida, che però sono già state ampiamente riportate in tante pubblicazioni che la riguardano, per cui quel poco che c’è di buono è scopiazzato.

Il libro: Pino Cacucci, Viva la vida, Feltrinelli, 2010, 80 p.

Tina

Quanto di più diverso dai pistolotti dei biografi ufficiali e dalle descrizioni enfatiche alla Saverio Tutino.  Ci aggiungerei come sottotitolo: “la donna che visse due volte”.  Una prima vita come meravigliosa avventuriera, donna libera e piena di personalità, dea dell’immagine. Una seconda vita come fantasma al seguito di quella merda di Vidali, muta e succube di fronte alle peggiori infamità dello stalinismo.

Il libro: Pino Cacucci, Tina, Feltrinelli, 2005, 240 p.

Le balene lo sanno

Quando Cacucci sta per finire i soldi si spara un viaggetto in uno dei posti più belli del Messico e ci scrive su un libro, che così i polli come me lo comprano tanto per farsi rodere il culo (grrrrr, invidia, invidia).

Il libro: Pino Cacucci, Alberto Poli (fotografo), Le balene lo sanno, Feltrinelli, 2009, 142 p.

Il regno di questo mondo

Haiti 1760-1820. Da Mackallan al regno di re Christopher. Le facce della borghesia cambiano di colore, ma i metodi rimangono sempre gli stessi, o forse peggiorano.
Il romanzo ha come prefazione il manifesto del realismo magico: a fronte di intellettuali europei annoiati e morbosi, gli scrittori latinoamericani non hanno bisogna di spremere la fantasia alla ricerca di effetti speciali. La storia e la realtà del latinoamerica sono già sufficientemente surreali da non necessitare di artifici.

Il libro: Alejo Carpentier, Il regno di questo mondo, Einaudi, 1990, 144 p.

Trilogia sporca dell’Avana

Una descrizione probabilmente realistica della mentalità della fauna del Malecòn, una fotografia impietosa di una delle due famose morali dei cubani: la peggiore (peraltro condivisa dall’autore). Desolidarizzazione spinta, rampantismo straccione, tutto con l’alibi della “fame”, che per uno che si sputtana tutti i soldi in alcol non è molto credibile. Gutierrez fa parte di quella generazione di cubani che – per motivi anagrafici – non ha mai sparato un colpo, ma in compenso ha avuto tutti i vantaggi della rivoluzione, vivendoli come un “tutto dovuto”.
Meno spregevole di chi ha usato lo Stato e il Partito per i propri interessi, ma pur sempre un soggetto negativo, che si è adeguato all’andazzo finchè il socialismo gli ha garantito laurea, lavoro e tranquillità per occuparsi della sua attività preferita (scopare).

Il libro: Pedro Juan Gutierrez, Trilogia sporca dell’Avana. Senza un cazzo da fare, Mondolibri, 1999.

La volpe di sopra e la volpe di sotto

Non credo si debba cercare linearità e leggerezza nel testamento di un compagno suicida.
L’unica recensione possibile di questo libro è il necrologio di Eduardo Galeano.

1969 Lima. Arguedas si fracassa il cranio con un colpo di pistola. La sua storia è la storia del Perù; e, ammalato di Perù, si uccide. Figlio di bianchi, Josè Maria Arguedas era stato allevato dagli indios. E per tutta l’infanzia parlò in quechua. A diciassette anni fu strappato dalla sierra e gettato sulla costa; uscì dai paesini dei comuneros per entrare nella città dei proprietari. Imparò la lingua dei vincitori e in quella lingua parlò e scrisse. Non scrisse mai sui vinti, bensì dai vinti. Seppe dirli, ma la sua impresa fu la sua maledizione. Sentiva che tutto in lui era tradimento o fallimento, vana lacerazione. Non poteva essere indio, non voleva essere bianco: non sopportava di essere allo stesso tempo il disprezzo e il disprezzato. Solitario viandante, camminò sull’orlo dell’abisso tra due mondi nemici che gli dividevano l’anima. Gli caddero addosso molte valanghe di angoscia, peggiori di qualsiasi frana di fango e pietre; finchè fu abbattuto.

Il libro: José Maria Arguedas, La volpe di sopra e la volpe di sotto, Einaudi, 1990.