L’uomo della pianura

San Vittore, 1975. Sono passati solo pochi anni dalle lotte dei Dannati della terra, eppure l’immagine che ne dà sto libro è così diversa.
La solidarietà rimane fuori dai cancelli, nessuno interviene in tuo favore. Chi non ce la fa a cavarsela da solo è destinato a soccombere“. Nella scuola di San Vitùr si entra innocenti e si esce pluriomicidi, dopo averne imparato i linguaggi e i rituali, lo squallore e la violenza, la sottomissione ai più forti.
Questa è la storia di Hurricane, che si incrocia con quella di Radeschi, reporter di nera, in un paesino della bassa padana.

Sopravvolando su alcune espressioni decisamente grevi nei confronti del femminile (ma grevi sono i personaggi che le esprimono) e sull’ultimo omicidio (inutile al corso della storia, buttato là giusto per provocare l’effetto drammone), L’uomo della pianura è un libro interessante, gustoso, divertente.
I due livelli della storia (uno dei quali è più leggero, a tratti sdrammatizzante) si compensano.
Inzeccata la caratterizzazione dei personaggi, dagli ergastolani (neanche troppo velati i profili di Vallanzasca e Turatello), ai leghisti, dagli inviati d’assalto agli avventori del Bar Blinda. Solo gli indiani restano appena tratteggiati, un mondo in cui l’autore non riesce a penetrare.

PS Una mia personale standing ovation per Ricky Bonetti.

Il libro: Paolo Roversi, L’uomo della pianura, Mursia, 252 p